Vengo da un paesino della Campania ai confini con il Lazio. Un paesino, un po' piccolo, che permetteva all'epoca una libertà che oggi i miei nipoti non hanno. Sono in pensione, ma il mio lavoro era con gli adolescenti come educatrice.
Ricordo prima di tutte la casa della mia infanzia, che adesso per me è la casa delle vacanze, quella del paesino della Campania. E poi ricordo una prima casa a Padova, in affitto, infine siamo approdati qui ormai da tanti anni.
Queste sono le mie case.
Eravamo una famiglia numerosa. Io sono la quinta di otto fratelli. Quindi, diciamo che era una casa molto movimentata, va bene così? Nel senso che tra gli amici dei miei fratelli e gli amici miei, c’era un gran movimento.
Poi c’era una mamma che invece era eccessivamente ordinata, che quindi ci correva dietro per tentare in qualche modo di trattenerci. Alla fine quello che faceva era di obbligarci almeno a rispettare una stanza, poi per le altre….
C’era un papà che per fortuna faceva l’insegnante e aveva tempo da dedicarci, per cui giocavamo tanto con lui. Anche dentro casa, pur con l’esasperazione di mia madre.
Quindi quello che intanto ricordo è la libertà che avevo. Era un quartiere veramente pieno, pieno, pieno di bambini, per cui trascorrevo tantissimo tempo fuori a giocare.
Le bande erano dei maschietti, i miei fratelli. Il problema che avevo era che i miei fratelli erano più grandi, quindi ero in competizione con loro. Quindi sfide stupide, tipo, andare in cantina al buio, perché bisognava… cose sceme così.
Non ricordo bene se erano proprio i miei fratelli, ma facevano quegli scherzi cattivi al vicinato, tipo, in questo periodo, con la zucca classica con la candela, suonavano i campanelli e poi scappavano. Era divertente, ma chi lo vedeva al buio non era contento. Però ci si conosceva un po' tutti.
Il papà voleva che il dopo pranzo si andasse a riposare, per fortuna, casa mia era al primo piano, per cui era facile uscire e ritornare senza troppi problemi. Andavamo per il quartiere, non è che si andasse chissà dove, c’era un grande cortile oppure andavamo dietro la casa. Erano in costruzione tutte le case nuove a quell’epoca, per cui non era difficile muoversi, stavamo lì con gli altri bambini della zona, che erano amici miei e dei miei fratelli. Ecco, non mi sentivo mai controllata, però in realtà un controllo c'era, questo l'ho capito dopo crescendo. In fondo mio padre in qualche modo aveva tutto sotto controllo. E poi c’era anche la presenza dei fratelli più grandi, a volte qualcuno era più fastidioso di un altro, così facevamo anche grandi litigate, ci vogliamo un sacco di bene tuttora, però di litigate, ce n’erano tante.
Poi ricordo le estati al mare perché il paese è vicino al mare, noi qualche volta prendevamo la casa al mare, altre volte ci spostavamo in giornata. Mio padre insegnava educazione fisica, quindi al mare si andava con lui e lui giocava tantissimo con noi. Anche gli esercizi ci faceva fare, ma per noi erano un gioco. A noi femmine piacevano anche i giochi dei maschietti, così giocavamo con le biglie, ma i fratelli più grandi erano quelli che riuscivano a conquistarsi le biglie più preziose. Io giocavo e le perdevo.
Litigavo soprattutto con un fratello maggiore, che era nove anni più grande, pensava di poter comandare, cosa che non mi andava bene. Voleva ad esempio che fossimo noi a preparare la tavola, voleva stare seduto e noi dovevamo provvedere. Mia sorella più grande era combattiva, di quelle che insomma, era più maschiaccia degli altri, così in due ci aiutavamo. Siamo otto fratelli, ma in quel periodo lì, i più piccoli non c'erano ancora, così eravamo in sei.
In casa eravamo in tanti, tutti andavamo a scuola e il più grande all’università. Avevamo in tutto due bagni ed era una battaglia la mattina. Intanto la sveglia con la radio del papà, non la radio sveglia, aveva una radio. Quindi c’era lui con il radio-giornale, poi la zia con il caffè, oh l'odore del caffè. Io ero una di quelle che da subito lo ha amato tanto.
E poi c’era il rito della domenica, si beveva il caffè nella stanza di papà, dei genitori e, quando mia madre si alzava, noi ci buttavamo tutti sul letto, i più piccoli soprattutto.
E poi le feste, a casa mia con tutta la famiglia, eravamo 8 più 2 e poi, più 3, perchè c’era anche una zia, che è come una mia seconda mamma, ed era la cugina di mia madre che è quasi vissuta sempre con noi. Si erano divise i compiti lei e mia madre. Mia madre era specializzata nei dolci e lei invece nelle pizze, torte salate, cose così. E quindi ad ogni festa c'era il dolce di mia madre e le altre cose fatte dalla zia.
Gli altri parenti erano a Caserta e poi c’era una sorella di mia madre, che abitava in un paese della Lucania, Matera. Era distante, però era un grande affetto per me, ho trascorso parecchie estati con lei. E anche quella era una casa, per me. Lì il vicinato mi considerava la Nordica, perché venivo da Napoli. È stato un bel periodo anche quello, c’era un giardino tutto recintato e c'era un cancello. Adesso è diventato un parcheggio di macchine, all’epoca non si vedevano macchine, ce n'era una, due, al massimo. Era il posto dove noi giocavamo. I giochi in particolare erano i campanoni, il nascondino…. Io ero bravissima a giocare a tamburello con uno dei miei fratelli, per cui c'erano queste grandi sfide che duravano fino a tardi, poi a un certo punto non ci si vedeva più e si interrompeva.
La casa della zia di Matera era una casa molto bella, era moglie di un notaio, e mi riempiva di regali forse eccessivi, che io neanche capivo. È una casa importante per me perché sono molto legata alla zia, ero molto legata perché ora non c’è più. Lei era senza figli, insomma era la zia con la quale ho avuto più confidenza, dove potevo fare improvvisate, dove sapevo di essere ben accolta, dove non avevo nessun problema.
Di fronte, sul pianerottolo, c’era Nella e poi quelli della portineria vicina. Spesso andavamo lì a giocare. C'era anche lo scivolo delle scale, era una scala grandissima con due scivoli, cioè non erano veri e propri scivoli, ma per noi, erano due meravigliosi scivoli, ai lati dei gradini, bellissimi in marmo. Poi, il portinaio ci diceva dietro, ma così noi lo aiutavano a pulire, doveva essere contento!
Di Matera ricordo un capodanno, o un Natale, no, forse era la Befana, mi svegliai le mattina, abituata a casa mia, invece ero a Matera, non so bene per quali motivi. E mi svegliai al mattino, pensando di trovare la Befana, e invece trovai cenere e carbone. Avevo una nonnina e una zia, la nonnina dolcissima, la zia più energica, era prozia, che mi raccontavano un sacco di storie sulla befana e sul carbone, per cui, quando la mattina, invece di trovare i giochi, trovai carbone, ci rimasi molto male. Poi, mia zia mi fece trovare una marea di giocattoli, ma l'impatto è stato quello del carbone, io i giocattoli non li ricordo più, ricordo solo il carbone, non è stato carino, per niente!
Ero lì spesso anche con l'altro fratello più piccolo, chissà, forse, mia madre in certi periodi mi mandava dalla zia. Mi ricordo che quando nacque il settimo fratellino, io ero da mia zia, ero disperata perché non potevo vederlo, lei mi consolò, dicendo "No, non ti preoccupare, fra poco ne nasce un altro”, dacché anche lei aspettava un bimbo, che poi è nato a giugno, mio fratello è di febbraio. Poveri, giocavo tantissimo con loro, però quante capocciate hanno preso, poverini. Giocavo a cavalluccio e sbattevo contro lo stipite della porta, non consideravo, che ero più alta, con lui sulle spalle. Anche io comunque ne ho prese tante, perché insomma, giocando con mio padre o con mio fratello, capitava. Una volta, andai a sbattere contro la chiave di una cassetta, cioè una libreria con sotto un cassetto, e mio fratello, che era un po' più grandicello, si mise a ridere dicendo che ero fortissima perché avevo spezzato la chiave. Così, tra il pianto e il riso non sentivo il dolore.
E poi, Natale, Pasqua, era tutto un riunirsi, perché mia madre faceva dei dolci e bisognava che partecipassimo tutti, perché ognuno aveva un compito. Il mio era il più facile, con il buchetto di una chiavetta dovevo sigillare i vari dolcetti, erano delle passatelle. I lavori più difficili erano per i più forzuti, il primo fratello e la sorella, che sbattevano e impastavano con energia. Comunque, chi voleva riusciva anche a svignarsela.
Ci piaceva perché c'era l’aspettativa del dolce, eravamo golosetti, però non potevamo assaggiare, perché la cottura spettava ai grandi e loro in cucina non ci volevano. Io a quel tempo non ho imparato a fare quasi niente, ho imparato solo dopo sposata. Mentre i fratelli più grandi, impastavano sulla madia con energia, gli altri due fratelli, invece, erano alle prese con la macchinetta per rendere la sfoglia sottile. Nel frattempo mia madre aveva fatto il ripieno, alla fine intervenivo io con la chiavetta.
Non bisognava toccare nulla prima di Natale, o di Pasqua, dipendeva dalla festa.
La mamma nascondeva cioccolatini e caramelle, ma non c’era dolce che io non trovassi!
Ricordo una volta che aveva degli ospiti e aveva portato non so se dei cioccolatini o cos’altro, comunque c'era un vassoio che stava offrendo agli ospiti. I miei fratelli più grandi mandarono, il mio fratellino più piccolo (non me per fortuna) a sgattaiolare e a prendere i dolci per portarglieli e alla fine il vassoio era vuoto. Gli ospiti capivano e ridevano, per fortuna.
In undici che eravamo, tra un compleanno e un santo, non c'era mese che non ci fosse un dolce da fare e da mangiare, mia madre era brava a farli. Poi bisognava tagliarli bene, perché guai a sbagliare, mio padre doveva essere un geometra di quelli precisi, perché le parti dovevano essere uguali.
Poi c’era il solito fratello… io ho imparato a mangiare veloce, e per prime le cose più buone, perché c’era quel delinquente del più grande che appena poteva ti fregava proprio la ciliegina.
La casa di oggi è una casa vecchia. Quando l'abbiamo vista, eravamo io e Giacomo, ci è piaciuta tantissimo, sarà stato per la luce che c’era, ci ha comunicato qualcosa, come se avesse una sua storia, un suo vissuto.
In effetti la parte anteriore è veramente tanto vecchia, ha 200 anni. È una casa che abbiamo comprato nel 1985 e che abbiamo sistemato in varie riprese. Era bella anche allora, aveva qualcosa di povero, ma di sentimentale. È su due piani e c’era tanta dispersione di calore, così volendola riscaldare ed abbellire abbiamo fatto anche un sacco di scemenze, siamo stati un po' inesperti. Una volta Giacomo aveva deciso di ingrandire il secchiaio e stava spaccando quel muro, che è un muro maestro che sostiene la scala e tutto quanto.
Ecco, appunto, Giacomo, mio marito, adesso non c'è più, quando non lo vedevi, dovevi preoccuparti perché stava facendo danni. Quello è un muro maestro e lui era lì, a picconare. Fortuna che se ne accorsero gli operai e lo bloccarono.
Quando l’abbiamo comprata, forse avevamo un gusto dell’horror, ma a noi piaceva tanto che fosse vecchia veramente. Era tutta in legno e anche quando ho dovuto ristrutturare la cucina, ho pensato di prendere qualcosa in legno, come questo tavolo che è fatto con il portoncino originale, l'idea era non buttar via niente. Insomma abbiamo sempre tentato nei vari interventi di rispettarla. quindi abbiamo sempre lasciato i solai in legno, che sono più leggeri. Con tutte le sistemazioni che la casa ha avuto, credo di aver dormito in tutte le stanze, perché una volta la stanza da letto era giù, un’altra volta su, l’abbiamo spostata tante volte.
A prima vista il secchiaio ci era sembrato così grande che pensavamo addirittura di mettere un tavolino con due sedie in quel secchiaio per fare colazione la mattina. In realtà è un metro per un metro, una cosa assurda! Poi c’è il giardino, un terrapieno (che noi chiamiamo l’altipiano) dove abbiamo piantato un sacco di piante, forse un po' troppe, per cui non fanno frutti, ma in primavera fanno i fiori e d'estate fanno ombra, sono perfetti. C'è il melo, l’albicocco, il caco, il melograno. Guarda, ti assicuro è tutto giusto così com’è. Questo edificio di fianco è la taverna, lì c’è il ciliegio che una volta dava le ciliegie, adesso non dà niente, l’unico forse a dare frutti è il caco che ha dato 7 cachi, ma tre se li è presi uno scoiattolino e 4 li ho raccolti io e speriamo che maturino. Dalle finestre di questo lato vedo la natura.
I rumori di questa casa sono gli uccellini al mattino, poi c’è il cane che per fortuna abbaia poco, anche se quando abbaia si fa sentire forte. Il cane adesso è fuori, ma spesso sta dentro, e quando sta dentro ama tanto il salotto. Sta in una zona del divano con il suo tappetino e sa che può salire solo lì. Ho anche due gatti bellissimi, quelli vivono fuori.
La domenica qui è il giorno in cui cerco di tenere insieme i miei vari figlioletti e i cinque nipotini e la casa diventa un disastro. Anzi già domani verranno in due e so già che modificheranno casa. Il più piccolino ha quattro anni appena compiuti e la più grande ne ha dodici. In tutto sono cinque nipoti, figli di due figli. Io ho tre figli adottati e per me è importante che la domenica si incontrino. È l'unico giorno che dedico a loro, poi durante la settimana devo recuperare o devo preparare per loro, io forse sono esagerata, ma mi piace che la sentano come casa loro. Anche se il problema è che cambiano tutto, guarda quel frigorifero (è pieno di magneti, disegni ecc.), non è normale. Pensa ho tolto anche qualcosa perché poi ci mettono di tutto, e fanno i disegnetti sui muri. Era un gioco che avevo regalato io, era da fare sul tavolo, insegnava a disegnare con delle maschere, ma loro hanno pensato bene di farlo sul muro. Adesso aspetto che crescano un po' prima di sistemare l’interno.
Nel periodo prima che arrivassero i nostri figli, gestivamo la casa in modo completamente diverso, quindi una stanza per una cosa, una stanza per un’altra, avevamo uno studio con un tavolo grandissimo sempre pieno di libri, c’era anche la libreria, ci riempivamo di un po' troppe cose, poi con l'arrivo dei bambini abbiamo cambiato.
Prima sono arrivati in due e avevano la loro stanza insieme, provenivano dallo stesso Paese e, non parlando la nostra lingua, avevano bisogno di stare insieme. Anche il terzo figlio ha la stessa provenienza, ma è arrivato l'anno dopo. Comunque, poi, ognuno aveva la sua stanza. L'ultimo arrivato era così spaesato e spaventato dalla guerra che c'era nel suo paese, che all'inizio tentava sempre di scappare, in realtà voleva provocare, però ci spaventava. Aveva quattro anni ed era proprio una provocazione. Quando non ce la facemmo più, Giacomo ebbe il coraggio di dirgli “va bene, vai fuori” e gli apri la porta, lui si fermò, capì che era meglio non fare più quel giochino e non lo fece più.
Un po' di casino qui c’è sempre stato, ed era bello, c'era il martedì in cui invitavamo alcune persone, poi la domenica, sempre con un po' di gente. Diciamo che abituata alla confusione della casa dei miei, sento che è importante che questa casa sia vissuta, va bene anche se fanno disastri.
Con la crescita dei bambini abbiamo cambiato la disposizione delle stanze, creato un bagno in più per loro, aggiustato la taverna, perché loro crescendo volevano il loro spazio. La taverna è abbastanza grande, nel senso che ci si vive bene e per un periodo la figlioletta più grande e il suo ragazzo hanno vissuto lì. Poi è toccato al secondo, quando si sono sposati, si è liberata la taverna. Adesso si fanno lì le feste perché è abbastanza grande. In questo momento in casa con me vive il figlio piccolo. Poi c’è il vicino di casa, che viene a prendere il caffè. È una casa accogliente, mi va bene che ci sia confusione, anche con il cane quando ci sono i bimbi. È una femmina, è abituata a stare con i bimbi, si divertono tanto si mettono a correre insieme, poi il cane è più forte e bisogna trovare un modo per stare attenti, perché è grande, il cane è alto come il nipotino di quattro anni, e soprattutto è forte e se ti si appoggia addosso….
Il posto di questa casa dove sto meno volentieri è lo studio di Giacomo, da quando lui è mancato faccio fatica a starci. Dove sto più volentieri è questa stanza, la cucina, perché è più soleggiata, e poi il giardino. Il periodo del Covid per me non è stato un problema perché c’erano il giardino, la taverna, cane, gatti… non era un problema. Sono in pensione dal primo agosto, mi sembra di essere ancora in ferie, delle ferie lunghe. Da quando sono a casa mi stanno un po' monopolizzando per i bambini e poi è una casa che ha bisogno di così tante cose, mi sento sempre in colpa perché non sono in grado di fare tutto, È una casa che richiede tanto, ha una superproduzione di ragni, non so perché. Persino un Natale, mi ricordo che aprimmo la porta per uscire in giardino e ci trovammo davanti una ragnatela ghiacciata, abbiamo dovuto romperla, per scendere. Andava da qui al melo di fronte, ghiacciata era meravigliosa. Star dietro alla casa non è facile, ho da poco terminato la ristrutturazione e ho ancora delle cose da sistemare. Sto risistemando il giardino e facendo una tettoia sulla scala per andare giù in cantina.
Non mi sono ancora resa conto di essere in pensione, tra settembre e ottobre si concentrano tutti i compleanni dei nipotini, delle nuore, ecc. e festeggiamo qui in taverna, tra il giardinetto e la taverna si festeggia meglio. E quindi io, tra le feste e un po’ di lavoro in ufficio che avevo lasciato in sospeso, insomma, non ho ancora veramente realizzato di essere in pensione. Finalmente qualche giorno fa ho ripreso la palestra, perché prima non avevo tempo neanche di andare in palestra, neanche di fare una camminata qui sull’argine. Ne ho fatta una sola da questa primavera ad oggi, la settimana scorsa.
Sono molto legata a questa casa, quando qualcuno mi diceva di valutarla per venderla io ho sempre detto di no. Io da qui ormai, non mi muovo più, ci starò fino alla morte e basta, non esiste che io la lasci.
Della ristrutturazione io ricordo benissimo i litigi; se guardi la prima stanza, puoi vedere che ha tre, quattro colori: rosa, giallo, azzurro… Perché io volevo una cosa, mio marito un’altra e alla fine, abbiamo deciso di metterla a posto così. Per esempio per la camera da letto, io non la volevo assolutamente azzurra. Caspita, me l’ha fatta proprio azzurra! Poi però mi ha fatto tutte delle cosette dorate. All'epoca io lavoravo e lui era a casa, quindi quando tornavo, trovavo delle sorprese, talvolta non gradite. È stato un periodo terribile, quello della ristrutturazione. Di solito ci si pulisce i piedi quando si entra in casa, ecco io facevo il contrario, mi pulivo per uscire, perché dentro, togliendo i pavimenti e tutto il resto, era veramente un disastro.
Mio marito aveva troppe idee, ogni tanto pensavo a una fascia da mettergli intorno alla testa per bloccargli le idee, ne aveva troppe, continuamente e non si riusciva a trattenerlo. Quando andavo in ufficio, non sapevo cosa avrei trovato al ritorno.
Sono soddisfatta comunque di come questa casa è venuta, può ancora essere migliorata, ma non c’è niente che mi dia fastidio, trovo tutto comodo. Ogni tanto penso di fare degli spostamenti, ma poi dico "ma chi te lo fa fa’?”
In cucina è tutto comodo. Farò delle modifiche di sicuro, perché abbiamo avuto alcune idee poco felici, tipo mettere la lavanderia giù in cantina. Finché sono in forze va anche bene, però prima o poi penso di portarla su. Vedremo.
Mi viene in mente che sì, c’è una cosa che mi dà fastidio, è il fatto che sia piena di scalini, li abbiamo creati noi perché la parte più antica della casa era troppo bassa all’interno, per cui abbiamo abbassato il pavimento e creato quello scalino. Quella parte è molto vecchia, ha 200, 250 anni, questa invece è più recente e ha delle misure più normali. Comunque, mi dispiacerebbe modificarla troppo perché, non so, avrei la sensazione di non rispettarla.
Forse su questo lato dovrei mettere le tende, che non amo, perché mi chiudono gli spazi, mi piace vedere fuori. Infatti, ho tende un po' dappertutto, ma qui no. Sulla strada, ci sono le tende, anche perché è a nord, ma di qua, penso che non lo farò. Ogni tanto, penso di spostare la porta, mettere una porta di qua, una porta di là, fare una cosa del genere, e può anche darsi che lo farò. Può anche darsi che metta una porta per dividere il salotto da questa parte qui. Quello che vorrei fare, è di cambiare le finestre e metterle di legno, magari di legno chiaro.
Mio marito era un assistente sociale, quando faceva le visite domiciliari con i colleghi dicevano che le tende erano importantissime. Io non capisco perché ci sia questa idea che la casa è completa se ci sono le tende. Le tende chiudono ti limitano.
Di questa casa comunque non potrei rinunciare al giardino, alla luce che entra, questo lato è a meridione, quindi è molto luminoso.
Poi, come posizione qui c’è tutto, ho il centro Le Brentelle qua vicino, poi adesso arriverà anche il tram. Comunque le fermate dell'autobus sono vicine, per cui è comodissima. Non è male come zona.
È una casa che mi rispecchia, oltre che per l’età, anche perché è un po’ confusionaria, poco ordinata. Mia madre era tanta ordinata e io dovevo essere all'opposto, ovviamente. E poi rispecchia tanto anche mio marito, c’è tanto di Giacomo in questa casa e anche questo è un aspetto, per me, molto importante.
E poi i libri, io sono piena di libri, non so più dove metterli. Giacomo non prendeva una sola enciclopedia, una non bastava, ne prendeva una per ogni figlio. E quindi, tre enciclopedie. Aveva tutte queste manie, magari un po' eccessive, che lo caratterizzavano, era sagittario, eccessivo in tutto.
Prendemmo questa casa anche con un gatto, che giustamente non volle andare via, e noi come prima cosa, ci riempimmo di gatti. All’epoca c'era un cancello con una rete e molti, che sapevano che amavamo i gatti, ci lasciavano i loro. Eravamo arrivati ad averne tredici. Quando ancora eravamo in affitto ed eravamo già proiettati verso questa casa con il giardino, avevamo preso un cane, un pastore belga, a pelo lungo, nero, che era cresciuto in una cesta insieme con il gatto. Ricordo che quando arrivammo qua, il gatto si arrampicava spesso sul meraviglioso albicocco in giardino e il cagnetto che non riusciva a salire se ne stava sotto a fare cai cai.
Oggi, quando arrivano i miei nipotini, le stanze servono tutte, quella con la tv, quella con i letti e poi quando arrivano i parenti, anche la taverna viene occupata.
I parenti arrivano dalla Campania o dal Piemonte, dipende; quando ci sono feste, come ad esempio un battesimo, arrivano in tanti. Deve essere una casa che accoglie, io sono piena di letti, ogni stanza ha il suo letto o una poltrona letto o un divano letto, anche in entrata c’è un divano letto. Poi ci sono anche i soppalchi, per cui anche lì si può dormire. Ho una sorella più piccola che ha 5 figli e quando erano piccolini, anche loro stavano qui. C'era chi preferiva andare in taverna, chi preferiva le stanze di qua, insomma, c'era ampia scelta. La taverna, tra l’altro ha anche la sua cucinetta, il bagnetto, ha tutto.
Insomma, per me casa non sono tanto i muri, per me è chi c'è dentro. È questo che per me è importante, io quando ricordo casa mia, la ricordo quando c’erano gli amici, a volte anche i parenti, a giocare a carte con i miei, e anche qui, adesso, penso al casino della domenica o a qualche altra giornata insieme, insomma sono le feste, i momenti conviviali, che la caratterizzano.
Non tanto quello che preparo, ma lo stare insieme, qualche volta ho fatto delle schifezze, ma non è importante, per me importante è lo stare insieme e basta.
Intervista a Vanda raccolta da Elisabetta Ottobre 2024