Mi chiamo Leonardo. Vengo dalla Colombia. Sono nato nel 1971, a Pereira. Nella mia famiglia siamo cinque figli e i miei genitori e anche un fratello adottivo. Lavoro a Vicenza, nell’ufficio operativo di un corriere.
Sono nato in Pereira. E lì ho vissuto sempre nella stessa casa dove abita tuttora mia madre. Da lì sono partito per la Spagna, dove sono stato nell’anno 1997, dopo di che sono passato per la Francia e sono arrivato in Inghilterra. Ho vissuto a Londra, dove abita anche un mio fratello, però ho vissuto per conto mio. A Londra ho conosciuto mia moglie, che è italiana, e con lei ci siamo trasferiti a Padova. All’inizio abbiamo abitato in una casa in affitto, nel quartiere Guizza. Poi ci siamo sposati e abbiamo comprato casa nel quartiere di Chiesanuova. Infine ci siamo trasferiti qua a Selvazzano.
La casa dove sono cresciuto
La casa dove sono cresciuto, dove ancora abita mia mamma, era in un quartiere di città, al piano terra e dava su una strada molto frequentata. Era la nostra abitazione, ma mio papà in una piccola stanza vendeva liquori, sigarette, caramelle. Il posto si prestava ad una attività commerciale, perché di lì transitava moltissima gente.
La casa era grande. C’era un grande salone, appena entravi, sulla sinistra una stanza, ed era il negozietto di mio papà, poi c’era un’altra stanza dove mia mamma lavorava. Lei ha fatto sempre la sarta e ha fatto anche un corso di parrucchiera, ci faceva i vestiti e ci tagliava i capelli. La casa aveva quattro stanze, più una stanza sopra, il terrazzo. La curiosità è che da noi, quartiere popolare, non ci sono porte sulle stanze. L’ho notato la volta che sono tornato con mia moglie. Per me era una cosa molto normale, lei guardava con occhi europei e per lei era molto strano… con lei ho capito la differenza. Qua le porte dividono le stanze, mentre da noi è tutto comunicante, sono stanze anche di passaggio dall’una all’altra. Poi c’era il patio, uno spazio con tante piante e con la scala per salire in terrazza alla stanza che c’era di sopra, quella più indipendente diciamo.
Sulla strada c’era la porta, a destra la finestra del salone, a sinistra la finestra della prima stanza, quella adibita a negozietto. Il resto della casa si sviluppava all’interno, in modo rettangolare, tutte le stanze all’interno erano senza finestre.
Ho tanti ricordi legati a questa casa. È da lì che ho memoria io, prima di partire per l’Europa. Ricordi con i miei amici del quartiere, della scuola…
Una volta, forse avevo 7 o 8 anni, con alcuni miei amici del quartiere, ho pensato di sotterrare qualcosa davanti a casa per ritrovarlo nel futuro… Siccome mia mamma è sarta, in casa c’erano tanti rullini di plastica, quelli che restano quando si è tolto tutto il cotone, e i miei amici hanno detto: prendiamo questi, facciamo un trenino. Davanti a casa -allora non era asfaltato, adesso lo è- abbiamo fatto un buco e abbiamo messo tanti di questi rullini di plastica e abbiamo detto tutti insieme che un giorno venivamo a riprenderli, nel futuro. Ci è piaciuta questa curiosità e alla fine questa curiosità è rimasta lì. Forse non andremo mai, però mi ricordo di questa cosa qua: che tutti insieme abbiamo pensato di sotterrarli e abbiamo pensato in un futuro di andare a prenderli.
Poi con alcuni dei miei amici di allora ci siamo sentiti e anche con alcuni compagni della scuola superiore. Siamo fuori dalla Colombia, in giro per il mondo, abbiamo un gruppo su WhatsApp e ci sentiamo così.
La casa di oggi
Noi siamo qua a Selvazzano dal 2019. Prima abitavamo a Chiesanuova. L’appartamento era di 90 metri quadri, con due stanze, che erano ampie ma solo due. Volevamo un po’ di indipendenza anche per i nostri due figli, che stavano crescendo. Adesso il ragazzo ha 17 anni e la ragazza ne ha 12. Volevamo che ciascuno avesse la sua stanza. Abbiamo cercato in quella stessa zona, perché non volevamo allontanarci tanto. Poi però abbiamo visto che spostandoci un poco e arrivando qui a Selvazzano, c’erano appartamenti molto più grandi a un prezzo più contenuto, perché Chiesanuova è ancora Padova, i prezzi sono più alti. Noi abbiamo sempre vissuto, sia alla Guizza sia a Chiesanuova e sia qua, con un parco davanti, perché non volevamo stare in mezzo ai palazzi. Cercavamo una casa con il verde davanti e la grande fortuna è stata che l’abbiamo trovata.
Sono molto felice in questa casa: per me è il mio castello! Ognuno fa il passo a misura della sua gamba. Questa è e questa ci piace moltissimo, perché è molto ampia, ed è come la vogliamo noi. È un appartamento su due piani: c’è la taverna, con bagno e lavanderia, e sopra si sviluppa il resto della casa. Ci sono le stanze per i ragazzi, c’è la stanza per noi. Quando apro le finestre vedo questo verde davanti, stupendo, bellissimo. Anche nei dintorni c’è tanto verde. Io adesso, da qualche anno, ho la passione della bicicletta e muovermi da qua mi piace molto, perché sono già avviato verso i colli, verso argini. Per i ragazzi invece è stato un po’ difficile il cambio da Chiesanuova a qua, perchè hanno dovuto lasciare i loro amici.
Il periodo del Covid
La nostra grande fortuna è stata che quando c’è stato il confinamento totale, nel periodo del Covid, eravamo già qui. E quando dovevamo stare chiusi in casa è stata una grande benedizione essere in una casa ampia! Abbiamo potuto fare tante cose. Il giardino del condominio è grande, non c’è un’area verde attorno però è un giardino. Il condominio è di sei appartamenti, ma solo noi abbiamo dei ragazzi (bambini a quell’epoca). Questo ha accresciuto molto il condominio, è stato dato un botto di vita, di giovinezza, al palazzo.
Durante il confinamento, ci sono stati dei momenti molto belli. Visto che non ci si poteva incontrare con nessuno, noi eravamo qua in giardino e abbiamo montato una rete tra un albero e l’altro, per giocare a pallavolo. Non era una vera e propria rete. Ho cercato di arrangiarmi con quello che avevamo in garage. Una nostra vicina ci ha visto e ci ha prestato una amaca che aveva in garage, mai usata, e questa amaca è diventata la rete di pallavolo. Mentre noi giocavamo, tutti i vicini si affacciavano e diventava anche un momento per chiacchierare. E così abbiamo fatto anche una tombola, che abbiamo creato noi per tutto il palazzo. Abbiamo fatto un gruppo WhatsApp. Ogni condomino regalava qualcosa per il montepremi: un pezzo di cioccolata, una bottiglia di vino, una coca cola, qualunque cosa. Noi abbiamo fatto la spartizione dei premi. Dopo i ragazzi sono andati vicino alle porte di ogni appartamento a lasciare le tabelline e tutto per giocare. Abbiamo stabilito un’ora e i ragazzi si sono messi in giardino e tutti noi affacciati ai balconi giocavamo con loro che cantavano i numeri. E’ stata una cosa veramente bella, bellissima!
Gli amici
Noi siamo arrivati qua grazie ad amici nostri, molto cari a noi, che abitano proprio a due isolati da qui. Amici da molto tempo, dai tempi di Londra. Loro vivevano già in questa zona e noi abbiamo voluto avvicinarci a loro. Siamo tutti emigrati, io colombiano e… anche se mia moglie è italiana, di Napoli, e anche l’altra coppia -lei è napoletana mentre lui è siciliano- in realtà anche loro sono emigrati perché siamo sempre fuori dalla nostra città... Allora abbiamo unito le forze. Siamo venuti ad abitare vicini. Fatalità, è stato lui proprio che ha saputo che una sua collega al lavoro aveva un appartamento chiuso da due anni. La mamma era morta e lei e il fratello non volevano più mettere piede in quella casa, perché riportava tantissimi ricordi. E non avevano bisogno in realtà del profitto di questa casa. Il mio amico ha detto: Ho degli amici che stanno cercando casa e senza impegno potreste fargliela vedere. Il fratello si è messo avanti e ha detto: Perchè no? Ci ha fatto vedere la casa. La casa era proprio tale e quale come l’avevano lasciata, ancora con tutti gli arredamenti e tutto. Ci hanno detto: Se la volete così ve la lasciamo così com’è, se la volete spoglia portiamo via tutto. Come volete voi.
C’era tanto antiquariato, tanti libri, tanta tanta roba di una famiglia cresciuta per tanto tempo qua, che aveva accumulato ovviamente tante cose. Noi siamo molto minimalisti e abbiamo chiesto la cortesia di svuotarla per farla a modo nostro. Essendo piena non avremmo potuto fare più di tanto. E così è stato. Questa persona è stata una persona magnifica e come dicevo a lui: Quando i pianeti si allineano… Si è trovato bene con noi, si è trovato bene con i bambini… e così siamo entrati.
Abbiamo preso casa, abbiamo fatto delle piccole modifiche, soprattutto nel salone. Non abbiamo toccato i due bagni sopra, perché abbiamo dato priorità ad altro. Forse altri piccoli cambiamenti si potrebbero fare, ma va bene così: è molto funzionale. La casa è minimalista. Non ci piace accumulare tante cose, ci piacciono di più gli spazi aperti. E l’abbiamo fatta tutta bianca.
La casa dove abitavamo prima era molto colorata e ci piaceva così. Però mia moglie ha detto: Fin’ora abbiamo vissuto in una casa colorata, adesso facciamo solo bianco e ci rilassiamo dal colore… in futuro magari la cambiamo.
Non abbiamo animali
Non abbiamo animali e questa è una cosa che ho sempre voluto inculcare ai miei bambini e su questo, e su tante cose, con mia moglie siamo d’accordo. Se non siamo d’accordo lo discutiamo in sede a parte, ma non davanti ai bambini.
Venendo da un paese tropicale a me urta molto quando vedo uccellini o qualunque animale chiuso, tranne i gatti e i cani che possono stare in casa con noi umani, ma per il resto assolutamente no, neanche la piccola tartarughina con il pezzo di sabbia con il pezzo di lattuga, per me è una gabbia.
Quando sono andato giù, a casa di mio suocero, ho avuto una brutta esperienza. Là usano tenere in gabbia i canarini, perché cantano molto bene e rallegrano la casa con il canto. E hanno un canarino in una gabbia così piccola… il canarino è piccolo e la gabbia in legno è poco più grande del canarino. Secondo me è proprio una crudeltà. Tanti dicono: Guarda quanto è grande la gabbia! Ma per me è un ragionamento che non vale. Per quanto grande sia la gabbia, per un uccello sempre gabbia è!
Io la penso così fin da bambino, e infatti una volta, a casa, ho aperto una gabbia e ho fatto volare via una tortora. A mia mamma non è piaciuto, però dopo si è rassegnata e ha capito.
Ecco, questo ho inculcato ai ragazzi e grazie a Dio loro lo hanno accettato molto bene e hanno capito anche il perché.
Quando sono venuti in Colombia gli ho fatto vedere e gli ho detto: Gli animali sono belli ma è bello venire a trovarli, non portarceli a casa per il gusto di qualcuno che magari dopo un po’ si scoccia. E allora noi non abbiamo animali.
Mi piace stare in casa
Fin da piccolo mi piaceva molto stare chiuso in casa. Anche tutt’ora mi piace. In casa sono felice, anche se quando esco sento che in realtà c’è bisogno di uscire e stare anche fuori. Il mio lavoro parte dal pomeriggio fino a mezzanotte, vuol dire che in mattinata sono sempre a casa e posso fare tante cose. Allora al mattino cerco di fare qualcosa per aiutare mia moglie. Penso che noi per quanto possiamo aiutare la moglie, la ragazza che convive, non sarà tanto come quello che si meriterebbero, perché riconosco che le donne fanno molto di più. Io ho avuto l’esempio di mio papà. Al mattino si alzava lui a farci la colazione. Ho visto mio papà che sistemava casa, lavava i piatti, lavava a terra, aiutava tanto mia mamma. È chiaro che i miei figli adesso vedono anche me, penso che sia giusto.
A volte di mattina prendo la bici, vado a fare un giro, vado a camminare, faccio le commissioni che serve fare fuori. In casa cerco di far trovare a mia moglie, che rientra al pomeriggio, la casa, almeno quella, sistemata. I ragazzi, per quanto gli puoi dire di essere sistemati, sempre ragazzi sono e ciao! Allora diciamo che vivo molto bene la casa, me la godo al massimo. Faccio i miei lavoretti. Ho le mie passioni: montare video e uscire con la bici e combino queste due cose. Questa è la mia grande passione. A dire la verità vivo tanto in cucina perché sono, non tanto cuoco, ma pignolo con la pulizia e con l’ordine. Ho questa croce, che non posso vedere niente fuori posto! Impiego tanto tempo a sistemare, dopo un po’ diventa quasi un handicap. Comunque la casa me la godo tantissimo.
Al mattino vedo tutta la famiglia. Io arrivo a casa a mezzanotte, a volte all’una, però mi alzo sempre alle sette e preparo la colazione. Non mi pesa alzarmi presto perché mi godo il momento in cui sto con tutti. A pranzo vedo sempre mio figlio quando rientra. Invece mia figlia non rientra sempre all’una, a volte rientra alle due o due e mezza e allora non riesco a vederla. Comunque il più delle volte li vedo entrambi e quando arrivano mangiamo insieme e poi io parto.
Quando torno alla sera stanno già dormendo. Però sabato e domenica, allora sì, stiamo tutti insieme e facciamo tante attività, insieme il più possibile.
Per me la casa è come il nido
Per me la casa è come il nido. Ho molto presente il fatto che ad un certo punto i miei figli cresceranno, come stanno facendo già, e che andranno via. Allora cerco di godermeli al massimo e la casa è viva per loro, e per me è tutto: è il punto di partenza e il punto di arrivo. Facciamo i nostri viaggi, possiamo andare in qualunque posto, però c’è sempre la voglia di tornare a casa, dove programmare la prossima uscita, dove pensare di stare insieme, dove magari buttarci tutti sul divano, dove fare tante cose insieme. E la casa che abbiamo adesso si presta per fare quello che prima non si poteva.
La casa di oggi è questa, ma anche quando ero piccolo la casa era tutto per me e mi basta pensare a quella per avere tantissimi ricordi. Credo che come io ricordo adesso la mia casa in Colombia così i miei figli ricorderanno questa casa in futuro, e che tutto è partito da qua per loro. Per questo mi piace viverla e la vivo molto molto bene.
Mi piace soprattutto il salotto dove, quando possiamo, ci spaparanziamo tutti sul divano e guardiamo un bel film o la TV. E’ bello stare tutti insieme.
Da pochissimo finalmente sono riuscito a ricavare, nel ripostiglio, un mio spazio personale. Questo grazie a mia moglie che ha sempre belle idee, geniali! Quando apre bocca tremiamo tutti e lei lo sa e dice che lo fa perché sa che la seguiamo a ruota… se lei propone un viaggio siamo tutti in macchina che partiamo!
La mia passione è fare video, anche se io non mi sono mai affacciato al computer e ho sempre fatto tutto dal telefonino. Così mia moglie mi ha detto: Se è la tua passione, mettiti a fare sul serio! Nel ripostiglio, per piccolo che è, potresti ricavarti un piccolo studietto. Giù in taverna ci sarebbe uno studio, ma è condiviso con il salone, non è proprio privato diciamo. E invece nel ripostiglio, siamo riusciti a trovare il mobiletto apposta, mi sono fatto fare il computer apposta per quello che volevo fare io, e da ripostiglio che era -con cappotti e tutto- adesso è diventato il mio angoletto. Adesso quando voglio stare con il mio computer, passare tempo in quello che mi piace, chiudo la porta e sto per conto mio. Questa è la cosa nuovissima che ho e sono proprio felicissimo.
Una grandissima benedizione
È stata una grande benedizione, grandissima, aver trovato questa casa.
Faccio una piccola premessa. Faccio il confronto tra culture (mia moglie è italiana, ma essendo napoletana è un po’ simile a noi). Io vengo dal Sud America e quello che io non condivido è il fatto che qua si lamentano tanto. Nel linguaggio, nel parlare, si lamentano tanto, con singole frasi... Quando chiedi a qualcuno: Come stai? Ti rispondono: Non c’è male. Questo non c’è male è già una frase che non è per niente positiva. O anche: Non mi lamento. Ma perché ti devi lamentare? Per carità, ognuno ha la sua storia, non è tutto rosa e fiori per tutti, la casa del Mulino Bianco... Però quello che voi avete qua non ce l’abbiamo noi là. Ma attenzione! Noi là abbiamo tanto con poco, pochissimo. E forse questo io l’ho realizzato venendo qua, perché quando tu sei nel tuo mondo non riesci a vedere oltre, non puoi fare il paragone con un altro mondo. Quando sono tornato in Colombia con mia moglie, con tutta la sua famiglia, con i miei suoceri, cercavo di vedere il mondo attraverso gli occhi di questi stranieri che venivano a casa mia. Infatti questo adesso lo dico perché lo hanno detto loro, perché lo hanno vissuto là: voi qua avete poco ma in realtà avete tutto.
Incontro di culture
E questa la devo proprio raccontare. Mia suocera è di Napoli e non le piace molto spostarsi. Per andar via da Napoli lei vuole portarsi il suo pane, il suo caffè, la sua pasta: solo la roba di Napoli è buona, non esiste nient’altro. Non era mai uscita dall’Italia, quindi venire in Colombia era proprio un salto di qualità alla grande. E là un’amica di mia sorella, che aveva saputo dell’arrivo della mia famiglia, voleva ospitarci per un pomeriggio nella sua casa, in campagna. Mia sorella mi ha detto: Leo, Amparo vuole che voi andiate a trovarla. Magari facciamo là, come si fa da noi, un pranzo in mezzo alla campagna a casa loro. Loro sono molto umili, però lei ha una voglia pazzesca di vedere voi e accogliervi! E noi, così, passiamo la giornata fuori in campagna! Siamo andati e abbiamo portato delle cose da cucinare là. Siamo arrivati e la casa era super-umile, tantissimo. Era povera, però, come si dice da noi: Una cosa è essere povero, una cosa è essere sporco. La casa era pulitissima. Come una volta era qua, mi racconta mia suocera. Il pavimento era di tavole di legno. Mi ha detto che ci ha messo tre giorni a pulirla, a rastrellarla con una cosa metallica, e in quattro si sono messi a passare la cera. La casa era stupenda: per povera che era, pulita, stupenda! E i miei suoceri, che sono persone molto umili, hanno apprezzato molto questo.
Eravamo là e c’era un sole che spaccava le pietre. Stavamo già facendo il pentolone con il brodo nostro, che si chiama sancocio, molto buono, con patate, platanos, carne, mais, manioca… Ad un certo punto, verso le 11 di mattina, è iniziato a piovere: il solito acquazzone tropicale! Allora tutti siamo rientrati in casa e la signora ha detto: Volete vedere le foto del mio matrimonio? Praticamente ci ha portato in stanza sua. Ci ha fatto sedere tutti, noi quattro che eravamo interessati, sul suo letto per farci vedere le foto.
A Napoli ai matrimoni e ai funerali so che ci tengono tantissimo, anche esageratissimi: le foto del matrimonio, i video del matrimonio... e mia suocera di questo ne sa! E anche il fatto del letto… Per mia suocera il letto è sacro e così ha inculcato a mia moglie: sul letto non si appoggia una borsa, e tanto meno ci si siede per accogliere altre persone. Questa signora ci ha portato in camera sua, ci ha fatto sedere sul suo letto, eravamo tre o quattro seduti lì a parlare delle foto. Ha tirato fuori questi album fotografici semplicissimi, quelli che ti regalano quando vai a sviluppare le foto, di cartone e plastica.
Tantissima umiltà però una gioia di far vedere le sue foto in chiesa, foto arrangiate, niente di che... e mentre guardavamo fuori pioveva, e abbiamo incominciato a sentire un tin tin tin: c’era una goccia, una goccia che sbatteva a terra sul pavimento. A un certo punto la signora ha detto: Un attimo, un attimo! Ed è andata a prendere un secchio. Ha messo un secchio da una parte e una pentola da un’altra parte, dove cadeva un’altra goccia. C’era una goccia anche sul letto e allora ha preso un’altra pentola, l’ha appoggiata nel letto dove cadeva questa goccia. Mia suocera e mio suocero si guardavano, guardavano tutto: la signora non si è scomposta minimamente perché quello era il momento di vedere le foto. Ha preso quello che per lei era normale, ha appoggiato il secchio e due pentole, una a terra e una sul letto. E noi abbiamo continuato a vedere le foto, con questo suono tin tin tin. Ma non è successo nulla! Perchè dopo mezz’ora un’altra volta è uscito il sole, ha smesso di piovere, e abbiamo ripreso a cucinare fuori. E mia suocera questo lo racconta sempre! Dice: Ma guardate, questa è la gioia da avere! Non si è scomposta, non si doveva certo vergognare: questa è casa sua e a casa sua funziona così.
Questo si è portato mia suocera con sé!
Tutto questo per dire che io vivo tanto felice in questa casa, perché è a misura nostra, di quello che noi possiamo avere, senza volere tanto altro che non possiamo permetterci. Non è bello avere quello che non si può, perché prima o poi il castello cade.
E mia moglie condivide questo e questo incontro di culture è stato molto bello. È stato importante far vedere ai nostri figli l’umiltà che c’è da noi, che loro abbiano visto questa realtà e che capiscano che non tutto è scontato, non si dà niente per scontato. Oggi siamo così, ma domani possiamo stare anche peggio di casa mia, perché il mondo gira e bisogna godersi al massimo quello che si ha, poco o tanto che sia, ma goderlo al massimo.
Un porto di mare
La nostra casa è un porto di mare. Vengono tanti familiari e parenti, da Napoli, dalla Colombia, da Londra... Poco fa c’è stata una ragazza giapponese per una settimana. Il prossimo anno mio figlio andrà in Tunisia, a fare il quarto anno di scuola superiore. E noi, avendo la stanza vuota, ospiteremo una ragazza canadese. Condividere fa parte di noi, dare se si può. E questo vale sia per me che per mia moglie.
A me piace vivere in condominio. C’è gente che preferisce stare più isolata, ma credo che dipenda da dove sei nato, dall’ambiente in cui sei vissuto. Io ho vissuto sempre in un quartiere con tanta gente attorno e mia moglie lo stesso. Forse sarebbe l’ideale una casa singola, per conto proprio. Però io e mia moglie facciamo un ragionamento: il tanto giardino, spazi tanto grandi uno li pensa in base alla sua famiglia. Ma il tempo passa in fretta, i ragazzi diventano grandi e potremmo goderla poco con loro una casa grande e poi resteremmo da soli noi due. Noi preferiamo un appartamento, cioè spese più contenute, perché abbiamo esempi di amici che hanno case singole e sappiamo quante spese ci sono. Quei soldi in più, che servirebbero per avere una casa singola o una macchina ultimo modello, noi preferiamo tenerli da parte e con quelli viaggiare, spostarci tutti insieme magari per andare in Colombia, che non è spesa da poco, o in Italia o in Europa.
La casa sistemata
Io penso che la mia casa mi rispecchi nel senso dell’ordine. Che sia sistemata. Se so che qualcuno deve venire a casa io divento matto, perché la casa deve essere sistemata sempre! Forse esagero, anche i miei figli lo sanno e forse questo può essere un grande handicap, però questa cosa qua la vedo anche nei miei figli e mi piace. Non posso imporla perché alla fine ognuno è un mondo a parte, no? Nella mia famiglia forse era così, ma allora non me ne rendevo conto. Io avevo una ragazza in Colombia e una volta parlando, dopo tanti anni, lei mi ha fatto questo commento: Leo, pochi ho conosciuto così sistemati come sei tu. E mi ha sorpreso, perché non sapevo di questa cosa. Così una volta ho chiesto a mia mamma. Le ho raccontato che i miei figli mi dicono: Ma papà! ma tu esageri proprio! Le ho chiesto: Mamma, ma chi a casa era così? E lei mi ha risposto: Leo, in verità sì, papà era un po’ fissato e anch’io, ma non tanto, però magari tu hai preso da lì. E allora forse lo faccio anche in modo inconscio. Però mi trovo bene e non potrei fare in altro modo. Anche al lavoro mi conoscono per questo. Però, va beh, la vivo bene questa cosa!
Mangiare insieme in famiglia
Il tema della casa (che dico con la doppia s, non riesco a dirla con una sola s) per noi, per la mia famiglia, significa tanto. Ci sono delle cose positive da noi in Colombia, come in ogni posto. Però qui ci sono cose molto belle che da noi non c’erano. Il fatto, per esempio, di mangiare insieme in famiglia. Questo da me non c’è mai stato e adesso lo vedo con amici con cui parlo in Colombia, o ricordo del mio passato, o anche se torno adesso a casa lo vedo nella nostra famiglia. Da noi ognuno mangia al suo momento, magari perché viene dal lavoro e fa la pausa pranzo e rientra… però al mattino a colazione o alla sera siamo tutti in casa ma pensiamo a ben altro. Stiamo pensando tanto alla festa, a divertirci, e ci sta bene. Il momento in famiglia io l’ho imparato qua, tramite mia moglie. A lei l’hanno trasmesso i suoi genitori. Il momento di stare tutti insieme a tavola, durante la settimana, per me è la colazione. A cena non riesco ad essere presente, mentre a pranzo siamo in tre o due. Però quel momento lì di intimità della famiglia è molto bello e penso che quello è un grandissimo tesoro, che non abbiamo avuto noi in Colombia. E’ una cosa molto bella, che io racconto ai miei amici, a chi posso. E’ un momento così bello…
Il fatto della pasta
Solo il fatto della pasta… Per il fatto di vivere qua in Italia, ho imparato tanto della pasta, del caffè, del mangiare bene. Anche noi mangiavamo in un certo modo, però si mangia molto meglio qua. Il fatto solo della pasta, di prepararla, ci metti solo cinque minuti di cottura e tutti devono essere già seduti per l’arrivo della pasta! Questo da noi non sta né in cielo né in terra. Prima di tutto perché la pasta da noi è un contorno… invece secondo me il fatto della pasta è un momento decisivo in un pasto italiano. E’ il momento in cui tutti devono mollare qualunque cosa per sedersi, altrimenti la mamma, o la nonna, si incavola! È come una calamita, è proprio la pasta in sè che ha fatto questa unione, non si può restare lontano! Da noi in Colombia non c’è questa abitudine. Ragazzi c’è il pranzo! E chi sta girando continua a girare e quando gli viene in mente torna arriva mangia, ma tanto non c’è nessuno a tavola, che fretta c’era? o c’era uno o c’erano due e magari si sono trovati per fatalità. E la mamma è abituata a questo. Invece qua, il fatto di essere seduti, di vedersi in faccia... sì forse c’è la tv accesa, però sono tutti a tavola! E questo lo volevo proprio dire!